Borgo San Marco
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Insediamenti rupestri

Meraviglie pittoriche in San Marco

Affiorano Nuove Scoperte nella Chiesa Rupestre

Nella chiesa rupestre di masseria Borgo San Marco, recentemente sottoposta a un ottimo restauro (finanziato dal proprietario Dott. Alessandro Amati, eseguito da Nori Meo-Evoli e regolarmente autorizzato dalla Soprintendenza per i beni storici artistici ed etnoantropologici della Puglia, con prot. n. 3016 del18 maggio 2010), sono riapparsi degli inediti affreschi, di straordinaria importanza.
Da decenni, forse da secoli, quelle immagini di santi e quelle didascalie medievali erano sepolte sotto una coltre di intonaco e calce. Adesso tornano a splendere e ad arricchire il patrimonio dei beni storico-culturali di Fasano, quasi fossero un bel regalo natalizio, quasi rappresentassero un buon auspicio per l’anno nuovo, un augurio di rinascita per un territorio traboccante di tesori immensi e, purtroppo, spesso incompresi.

Una ricca signora del Medioevo

Le informazioni che la recente scoperta ci comunica si sono subito rivelate interessanti e, per alcuni versi, addirittura sensazionali. Innanzi tutto va segnalata un’epigrafe dipinta, fin qui mai notata dagli studiosi, ricomparsa un po’ magicamente a fianco del magnifico Cristo Pantocratore che, effigiato in trono nell’abside della cripta, benedice sollevando un braccio, in mezzo ai Santi Medici Cosma e Damiano (ai quali, verosimilmente, è intitolato il bellissimo tempietto scavato nel tenero carparo, all’interno di una lama ricoperta di ulivi secolari). Sulla destra del Gesù intronizzato, la scritta dedicatoria recita testualmente: MEME TO D(OMI) E / FAMULA TUA / DESPINA (vale a dire: «Ricordati, oh Signore, della devota tua, Despina»). Dunque, la dedicante è una donna, Despina, che fra XII e XIII secolo, epoca a cui si può far risalire il contesto pittorico, è talmente benestante da poter commissionare un ciclo affrescato di eccelso livello artistico e, quindi, di notevole costo. Questa committenza femminile non soltanto costituisce, in generale, una rarità, ma testimonia anche dell’elevata disponibilità economica (e perciò dell’elevato potere) di una offerente appartenente al gentil sesso: un elemento sicuramente inconsueto e pertanto prezioso, in una società, come quella del Basso Medioevo, normalmente organizzata attorno a poteri in prevalenza maschili. Se non allude a una monaca particolarmente abbiente, la pregevole iscrizione potrebbe essere il sintomo della presenza, nel comprensorio di Fasano, di una ricca signora che poteva permettersi il lusso, estremo, di ingaggiare artisti di prim’ordine, e di pagarne profumatamente il sopraffino lavoro. Ma chi era Despina? A quale famiglia – di probabile origine greco-orientale, dato il nome – apparteneva? Ancora non possiamo saperlo. Di certo, affiora un che di emancipazione e affermazione muliebre, in una dedica latina che porta a riconsiderare l’entità e la composizione sociale dei frequentatori dell’habitat rupestre: non più solamente monaci e agricoltori. E le sorprese della grotta non finiscono qui…

Così vicini, così lontani

La ripulitura della parete meridionale della chiesetta di masseria San Marco ha in effetti condotto a svelare le immagini affiancate – seppure compromesse nella parte inferiore – di un santo vescovo barbato, dipinto col pastorale e col copricapo da prelato, e di una santa, presumibilmente orientale, recante un diadema aureo sulla fronte e avvolta da un corposo panneggio che, a partire dal capo, scende a intrecciarsi sotto il collo. Dell’affresco avevo preliminarmente dato notizia – sulla scorta di qualche spiraglio pre-restauro, che lasciava intravedere piccole porzioni dei volti santi- nella pubblicazione Percorsi di Storia (Bari, 2009, pp. 88-89). Ad ogni buon conto, oggi che il quadro è più completo, gli stilemi iconografici sembrerebbero rimandare al XII-XIII secolo; anzi, una stessa équipe di abilissimi pittori – se non proprio una stessa mano – potrebbe aver dipinto sia il catino absidale, col ben noto trittico del Salvatore fra i Santi Medici, sia i volti nimbati dei due santi appena recuperati dai restauratori.
Intorno alle figure da poco scoperte si intravedono inoltre i resti di antiche diciture, nelle quali è celata l’identità della coppia: si riescono a scorgere delle lettere che corrispondono a un NO e a una PE. Per cui, è stata avanzata un’ipotesi di lettura che identificherebbe le figure con San Norberto e Santa Pelagia: l’uno sarebbe una personalità di origine prettamente centro e nord-europea (del tutto inusuale, sul piano cultuale, dalle nostre parti); l’altra, un personaggio di netta provenienza mediorientale, parimenti non troppo attestata nell’iconografia sacra delle Puglie medievali. Se è così, ancora una volta un santuario fasanese ha saputo accogliere e fondere, nel Medioevo, i segni di una cristianità rispettivamente occidentale e orientale, le tracce della volontà di nutrire la fede cristiana in un solo credo, in un unico tempio: come, del resto, è evidente, sempre in agro di Fasano, nella cripta di San Lorenzo, laddove San Basilio e San Benedetto, padri del monachesimo d’Oriente e d’Occidente, vengono ritratti fianco a fianco, in un santuario che annovera, fra l’altro, l’effigie di San Nicola di Myra, il classico riunificatore del cristianesimo latino e greco, e cioè del mondo cattolico e ortodosso. Ma non basta ancora …

La lapidazione di Santo Stefano

Sempre nella chiesa rupestre della masseria San Marco era stata da me riconosciuta (e pubblicata), già tre anni fa, la scritta in greco di STEFANOS, allusiva chiaramente al culto di Santo Stefano un culto alimentato dalla vicinanza della celebre e omonima abbazia, posta sul mare, un paio di miglia a sud di Monopoli. Ebbene, con gli ultimi restauri della cripta di San Marco è effettivamente riemerso il resto dell’affresco “stefaniano”, collocato alla sinistra del (presunto) San Norberto: il protomartire cristiano vi appare in ginocchio, mentre viene lapidato da un nugolo di persone che, nella parte alta della rappresentazione, levano le braccia per scagliargli addosso dei sassi. La conservazione di questa sezione del ciclo pittorico è piuttosto precaria, ma l”immagine di Santo Stefano – peraltro richiamata espressamente dall’epigrafe – risulta abbastanza ben leggibile, e appare del tutto affine a un’altra rappresentazione del martirio, che alcuni artisti medievali dovettero affrescare a breve distanza, in territorio monopolitano, presso la cripta di Santa Cecilia. Un’ulteriore lapidazione di Santo Stefano è poi presente, in Puglia, nella chiesetta rupestre di Sant’Angelo a Casalrotto. In ogni caso, l’effigie del protomartire lapidato a morte, normalmente inserita nelle illustrazioni degli Atti degli Apostoli, deriva da modelli frequenti nei codici miniati d’origine bizantina, successivamente diffusi nell’iconografia occidentale. E comunque, nella chiesa rupestre di masseria San Marco la figura di STEFANOS si salda idealmente con quella dei due celebrati taumaturghi Cosma e Damiano (che abbiamo visto dipinti nell’abside, ai lati del Cristo benedicente). Anche Santo Stefano, infatti, al pari dei Santi Medici, possiede una reputazione di guaritore.

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Masseria Borgo San Marco. Puglia, Fasano - Brindisi - Salento. 2017
Codice fiscale MTALSN55E08D508Z
Partita Iva 00762940740
Registro delle imprese di BR numero 100595
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